Ordine Sacro

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Catechesi sul sacramento

(don Alessandro)

UNA MISSIONE E UNA CHIAMATA PARTICOLARE

Dopo i Sacramenti dell’iniziazione cristiana ci concentriamo sui Sacramenti per il servizio, che aprono alle scelte fondamentali di vita cristiana. Il primo di essi è il Sacramento dell’Ordine Sacro. Il Catechismo della Chiesa Cattolica afferma che chi ha questo Sacramento “riceve un dono dello Spirito Santo che gli conferisce un mandato” (n.1530) e non una carica.  La parola “Ordine” è presa in prestito dalla cultura romana, un “ordo” era un gruppo che aveva un compito speciale riconosciuto (militari, magistrati, senatori). La parola vuol dire fila, serie, successione, rango, schiera, organizzazione. Con lo stesso termine dai primi secoli si identificano coloro che sono consacrati con l’olio e l’imposizione delle mani di un Apostolo o di un suo successore (tradizione biblica) per essere uniti alla loro missione e agire nella persona di Cristo, ripetere i Suoi gesti e le Sue parole.

I GRADI DELL’ORDINE

Questo Sacramento ha tre gradi, di quella che è una gerarchia ma di servizio, per cui dovremmo intenderla come una piramide rovesciata (il più importante in realtà è colui che deve servire di più):

1. Episcopato: i Vescovi sono i successori degli Apostoli e hanno il compito di guidare una chiesa locale (Torino, Susa, Pinerolo, Saluzzo, Cuneo, Fossano, Mondovì… le tante diocesi sparse nel mondo). Il Papa è il Vescovo di Roma e ha il compito di tenere unita la Chiesa e di provvedere che ogni diocesi abbia un proprio pastore. Il Papa viene scelto da alcuni Vescovi chiamati Cardinali (da “cardine”), che hanno il compito di aiutarlo nella sua missione. Il Vescovo è ordinato da tre vescovi con il mandato del Papa.

2. Presbiterato: i Sacerdoti sono i primi collaboratori del Vescovo nella missione di guidare la chiesa nelle comunità particolari (parrocchie e incarichi diocesani). Il Prete è sempre ordinato da un Vescovo.

3. Diaconato: i Diaconi sono coloro che collaborano nella vita della Chiesa per il servizio della parola e della carità. Possono essere anche sposati. Il Diacono è sempre ordinato da un Vescovo.

UNA CHIAMATA DIVINA ED ECCLESIALE

Per accedere a questo Sacramento devi essere chiamato da Dio e dalla Chiesa, è una “scelta dall’alto”, per questo è chiamata vocazione. Mentre chi sceglie una speciale consacrazione (vita religiosa, missionaria, eremitica, di comunità) ha un altro tipo di vocazione “dal basso”. Questo vuol dire che per vivere il Battesimo un consacrato o una consacrata ha fatto una scelta speciale che fa emettere i voti di castità, obbedienza e povertà. Per l’Ordine Sacro sono scelti solo gli uomini. Così è stato dall’inizio e questa tradizione non è mai stata interrotta. Cristo uomo, sceglie uomini per rappresentarlo e agire in Sua persona. Nel 1994 San Giovanni Paolo II ribadì che la Chiesa non ha il potere di ordinare al Sacerdozio le donne. Il Catechismo Youcat ricorda che questa non è una svalutazione o una discriminazione, afferma: “l’uomo e la donna hanno la stessa dignità davanti a Dio, ma hanno diversi compiti e diversi carismi; la Chiesa si sente vincolata dal fatto che Gesù, nell’atto di istituire il sacerdozio durante l’ultima cena, scelse esclusivamente uomini. Gesù ha rivalutato la donna contro la cultura e la prassi del Suo tempo, ha donato la propria amicizia e protetto le donne del Suo tempo come nessun altro” (n.257). Maria, ad esempio, è chiamata ad una vocazione unica e altissima, quella di essere Madre e senza peccato. La figura del Sacerdote richiede, invece, un ruolo virile e paterno.

UNA CHIAMATA A CONFORMARSI A CRISTO

La Chiesa Cattolica Romana sceglie per il secondo e terzo grado di questo Sacramento solo celibi, mentre sceglie anche sposati per il primo grado. Da più di mille anni avviene questo per due motivi: 

1) Cristo era celibe, si è lasciato afferrare totalmente dall’Amore divino. San Paolo nella lettera ai Filippesi afferma “ho lasciato perdere tutte queste cose per essere trovato in Lui” (3,9). 

2) Un Prete non è sposato con Gesù, come dice qualcuno. Gli viene chiesto di scegliere il celibato per servire esclusivamente la Chiesa per le necessità che essa ha. Questo non è sempre facile, ma è una condizione che – se vissuta non come lavoro e da funzionario – ha dato tanti frutti di paternità spirituale e profonda fecondità. D’altronde quanti sacrifici si fanno per il lavoro, per la famiglia: ogni sacrificio corrisponde a un motivo più grande per il quale vale la pena spendersi! Potremmo dire che chi si sposa fa crescere la Chiesa in quantità, chi abbraccia una vita celibataria è chiamato a fare crescere la Chiesa in qualità. Evidentemente essendo una scelta della Chiesa non è un dogma. È stato diverso nel tempo e tuttora è diverso nelle Chiese cattoliche di riti orientali, quindi potrebbe anche modificarsi in futuro questa prassi. Aspetti negativi e positivi ci sono sempre, non spetta a noi comunque decidere su queste cose!

UNA CHIAMATA AL SERVIZIO DELLA COMUNITÀ 

Questa vocazione è sempre legata alla comunità cristiana. L’Ordinato è a servizio della Chiesa e dei fedeli laici. Diceva Sant’Agostino: “Cristiano con voi e Vescovo per voi”. Dentro la comunità si scopre la chiamata. È indispensabile alla comunità avere delle guide. I pastori vanno supportati, sostenuti, sopportati e voluti bene. I preti non si devono rimpiangere quando non ci sono più, ma vanno seguiti e incoraggiati quando ci sono. In questo periodo storico è evidente il problema della scarsità del clero, in un prossimo futuro molte cose cambieranno e nei prossimi anni tante cose andranno riviste. Questa realtà non ci scoraggi ma ci faccia andare all’essenziale per ritrovare la freschezza del primo annuncio!

I COMPITI DEL MINISTERO

Il più importante compito degli Apostoli è quello di prolungare la presenza di Cristo vivo nella storia. Questo avviene attraverso tre compiti specifici che spiega benissimo Benedetto XVI nelle sue catechesi tenute nei mesi di aprile e maggio 2010:

“Il primo compito del sacerdote è quello di insegnare. Viviamo in una grande confusione circa le scelte fondamentali della nostra vita e gli interrogativi su che cosa sia il mondo, da dove viene, dove andiamo, che cosa dobbiamo fare per compiere il bene, come dobbiamo vivere, quali sono i valori realmente pertinenti. In questa situazione si realizza la parola del Signore, che ebbe compassione della folla perché erano come pecore senza pastore. (cfr Mc 6, 34). Il Signore aveva fatto questa constatazione quando aveva visto le migliaia di persone che lo seguivano nel deserto perché, nella diversità delle correnti di quel tempo, non sapevano più quale fosse il vero senso della Scrittura, che cosa diceva Dio. Questa è la funzione in persona Christi del sacerdote: rendere presente, nella confusione e nel disorientamento dei nostri tempi, la luce della parola di Dio, la luce che è Cristo stesso in questo nostro mondo. Quindi, il sacerdote non insegna proprie idee, una filosofia che lui stesso ha inventato, ha trovato o che gli piace; il sacerdote non parla da sé, non parla per sé, per crearsi forse ammiratori o un proprio partito; non dice cose proprie, proprie invenzioni, ma, nella confusione di tutte le filosofie, il sacerdote insegna in nome di Cristo presente, propone la verità che è Cristo stesso, la Sua parola, il Suo modo di vivere e andare avanti. Per il sacerdote vale quanto Cristo ha detto di se stesso: “La mia dottrina non è mia” (Gv, 7, 16).”

Ci chiediamo: noi vogliamo imparare oppure pensiamo di sapere tutto? 

“Il secondo compito del sacerdote è quello di santificare. Nessun uomo da sé, a partire dalla sua propria forza, può mettere l’altro in contatto con Dio. Parte essenziale della grazia del sacerdozio è il dono, il compito di creare questo contatto. Questo si realizza in un modo particolarmente denso nei Sacramenti… Come atto della sua infinita misericordia chiama alcuni a “stare” con Lui (cfr Mc 3,14) e diventare, mediante il Sacramento dell’Ordine, nonostante la povertà umana, partecipi del Suo stesso Sacerdozio, ministri di questa santificazione, dispensatori dei suoi misteri, “ponti” dell’incontro con Lui, della Sua mediazione tra Dio e gli uomini e tra gli uomini e Dio (cfr PO, 5)… Come ricordavo nella Santa Messa Crismale di quest’anno: “Centro del culto della Chiesa è il Sacramento. Sacramento significa che in primo luogo non siamo noi uomini a fare qualcosa, ma Dio in anticipo ci viene incontro con il Suo agire, ci guarda e ci conduce verso di Sé. (…) Dio ci tocca per mezzo di realtà materiali (…) che Egli assume al Suo servizio, facendone strumenti dell’incontro tra noi e Lui stesso” (S. Messa Crismale, 1 aprile 2010).”

Ci chiediamo: la preghiera, celebrare la fede, lasciare agire il Signore nella nostra vita ci interessa davvero?

“Il terzo compito è quello di governare. Il Pastore è tale proprio guidando e custodendo il gregge, e talora impedendo che esso si disperda. Al di fuori di una visione chiaramente ed esplicitamente soprannaturale, non è comprensibile il compito di governare proprio dei sacerdoti. Esso, invece, sostenuto dal vero amore per la salvezza di ciascun fedele, è particolarmente prezioso e necessario anche nel nostro tempo. Se il fine è portare l’annuncio di Cristo e condurre gli uomini all’incontro salvifico con Lui perché abbiano la vita, il compito di guidare si configura come un servizio vissuto in una donazione totale per l’edificazione del gregge nella verità e nella santità, spesso andando controcorrente e ricordando che chi è il più grande si deve fare come il più piccolo, e colui che governa, come colui che serve. Dove può attingere oggi un sacerdote la forza per tale esercizio del proprio ministero, nella piena fedeltà a Cristo e alla Chiesa, con una dedizione totale al gregge? La risposta è una sola: in Cristo Signore. Il modo di governare di Gesù non è quello del dominio, ma è l’umile e amoroso servizio della Lavanda dei piedi. I santi, e tra essi san Giovanni Maria Vianney, hanno esercitato con amore e dedizione il compito di curare la porzione del Popolo di Dio loro affidata, mostrando anche di essere uomini forti e determinati, con l’unico obiettivo di promuovere il vero bene delle anime, capaci di pagare di persona, fino al martirio, per rimanere fedeli alla verità e alla giustizia del Vangelo.”                              

Ci chiediamo: noi vogliamo seguire? Soprattutto in questi tempi di cambiamenti vuol dire accogliere le proposte, spendere del tempo, essere disponibili nella collaborazione. In queste cose si esercita la carità; un prete non è uno che deve essere “a nostra misura”, infatti non è votato da qualcuno e quello secolare nemmeno prende i voti! Non è un bravo prete quello che ci asseconda nei desideri e capricci, ma quello che ci dà “la misura di Dio”. Questo non significa perdere in umanità, dovrebbe essere un esperto in umanità. Un sacerdote è una persona normale perché ha le sue passioni: canta, balla, va al mare e in montagna, tifa, ascolta musica! Ma nello stesso tempo è una persona “fuori dal comune” perché ha l’incarico di compiere i gesti e le parole di Dio a nostro favore. 

Preghiamo tanto e bene per la risposta alla vocazione al ministero ordinato.