Catechesi sull’Eucaristia
(don Alessandro)
DA DOVE NASCE L’EUCARISTIA
Durante l’Ultima Cena, Gesù ha dato un grande segno del Suo Amore. Ha voluto rimanere sempre con noi e per questo ha istituito la Santa Messa. I Cristiani si ritrovano tutte le domeniche (o il sabato sera) per riconoscere la presenza di Gesù nella Sua Parola, nel Pane e nel Vino, in attesa della Sua venuta! Domenica vuol dire “Giorno del Signore”, perché in quel giorno Gesù è risorto! È Gesù stesso che ci riunisce per pregare insieme e ritrovarci come una grande famiglia, per ascoltare la Sua Parola e per rinnovare il Suo Sacrificio dandoci se stesso come cibo. Gesù parla di sé come “Pane di vita” (Gv 6,30-40)e ci ha detto: “fate questo in memoria di me” (1 Cor 11,23-26 e Vangeli sinottici).
COS’È LA MESSA?
È la FONTE e il CULMINE della vita cristiana. È il più grande regalo che Gesù ci ha fatto. Per fare un esempio è la stazione di rifornimento (dove troviamo il carburante), ma nello stesso tempo è il traguardo, la meta a cui arrivare. Non c’è momento più importante nella settimana che donare un po’ del nostro tempo a Dio che ci ha dato tutto il tempo, per poterlo vivere nel migliore dei modi, come Lui vuole. Non c’è atto più grande a cui un uomo può partecipare per dissetare la propria sete di felicità e per avere la forza di tagliare il traguardo della sua vita verso Dio. Noi non c’eravamo 2000 anni fa, la Messa rende presente oggi ciò che Gesù ha detto e fatto!
Ci sono due testimonianze del II secolo molto importanti per comprendere che dall’inizio l’Eucaristia è stata fondamentale per i cristiani.
Sant’Ignazio di Antiochia afferma:“Abbiate cura di prendere parte all’unica Eucarestia. Una è la carne del Signore nostro Gesù Cristo; uno il calice per essere uniti nel sangue di Lui; uno l’altare, come uno solo è il Vescovo con il collegio dei presbiteri e con i diaconi, miei conservi. Affinché, qualunque cosa facciate, la compiate secondo Dio”. E dice “Sono frumento di Dio e macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo. Vi riunite spezzando un solo pane, che è farmaco di immortalità, antidoto per non morire ma vivere in Gesù Cristo per sempre”. Anche San Giustino racconta: “il giorno detto del Sole tutti dalla città e dalla campagna si radunano in uno stesso luogo; si leggono i Commentari degli Apostoli, detti Evangeli, e gli scritti dei Profeti, quando il tempo lo consente; quindi, appena il lettore ha terminato, il presidente tiene un discorso per ammonire ed esortare alla imitazione di cose tanto belle. Poi si alzano in piedi e fanno la preghiera; e al termine della preghiera si salutano a vicenda col “bacio di pace”; quindi si portano pane, vino ed acqua; il presidente fa con tutta la sua energia preghiere e rendimenti di grazie; e il popolo acclama, Amen. E delle cose, sulle quali fu fatto il rendimento di grazie, si fa la distribuzione e comunione a ciascuno dei presenti e, per mezzo dei diaconi, se ne invia agli assenti”
PERCHÉ SI VA A MESSA?
1. per ringraziare del dono della vita. Il termine “Eucaristia” in greco significa ringraziamento, chi è stato in vacanza in Grecia l’ha sentito tante volte;
2. per pregare per i vivi e i morti, ascoltare e adorare;
3. per riparare i peccati e ripartire;
4. per andare incontro ai fratelli e portare Dio nel mondo;
5. per prepararci a incontrare il Signore in paradiso.
Dice Francoise Monfort: “l’Eucarestia rende la Chiesa figura del suo compimento finale: la comunione finalmente realizzata, è dunque fonte di speranza! Di fatto, nella misura in cui è incontro di ciascun membro dell’assemblea con il Risorto, è già una anticipazione del Regno. Se da un lato presenta all’uomo l’esigenza del dono di sé, dall’altro gli mostra la meta dei suoi sforzi. Lo invita a volgere lo sguardo oltre la vita umana, non per una fuga dalla realtà, ma al contrario per darle il suo significato pieno. Il Corpo di Cristo che ora dolorosamente feconda l’umanità, un giorno conoscerà l’armonia, e ciascuno dei suoi membri contribuirà al completamento di tutti nella realizzazione piena del progetto di Dio sull’umanità”.
COSA VUOL DIRE CHE L’EUCARISTIA È MEMORIALE?
Il memoriale è uno scritto o nota esplicativa di circostanze e di fatti degni di essere ricordati; è un insieme di memorie riguardanti la vita e l’attività di un personaggio famoso. Nella preghiera liturgica diventa l’attualizzazione di un avvenimento importante della storia della salvezza: il fatto ricordato (l’Ultima Cena, la morte e la risurrezione di Cristo) è reso presente, e i suoi frutti resi disponibili per i partecipanti al rito. Questa memoria ci rimanda all’Ultima Cena, a quel banchetto vissuto da Gesù in occasione della Pasqua e ai segni che Gesù ha utilizzato in quella sera. Gesù siede a tavola (probabilmente si sdraia come era usanza). Usa del cibo che è essenziale alla vita. Il cibo scelto come “segno” di una realtà più grande è pane e vino, non un cibo elaborato, è il più semplice: il pane azzimo ricorda l’uscita dall’Egitto, mentre il vino rappresenta ciò che richiede pazienza. È il vino della festa, pensate alle nozze di Cana. Sono elementi simbolici della storia e della civiltà del Mediterraneo. Elementi che richiamano il gusto, la fragranza, il sapore, la conquista. Da piccoli ci sentivamo grandi con la prima goccia di vino che sporcava l’acqua. Pensiamo all’importanza del brindisi per sottolineare un passaggio. Sono tutte realtà che hanno a che fare con i sensi… anzi, con il Senso! Con il Significato per cui si vive. Mangiare per ritrovarsi, per festeggiare, lo facciamo sempre. È tempo necessario. Anche se ci stanchiamo con i preparativi, sappiamo che c’è un motivo. Arrivare alla fine della serata quando si chiude la porta e si dice “che bella serata”. I pasti, i banchetti assumono un’importanza sorprendente nella nostra vita, un mezzo privilegiato per riunirsi, parlare, regalarsi del tempo gratuito. Pane e Vino sono la materia del Sacramento, il ministro è il sacerdote che è invitato a “fare questo in memoria di Lui”. In questo contesto Gesù fa due cose:
– Dona il Suo TESTAMENTO prima della Sua partenza (il discorso d’addio o “A Dio”), prima di scendere agli inferi e liberarci dalla morte. Per cui i gesti assumono un’importanza grandissima.
– Si prende l’IMPEGNO di rinnovare l’Alleanza di Dio con gli uomini per sempre. Ci chiede di condividere il pane, di farci pane spezzato servendo… come Lui in quella sera ha lavato i piedi. Gesù entra nel pane e lo trasforma in sé (Gesù non diventa pane, al massimo il pane diventa Gesù!) e ci chiede di essere accolto e di trasformare le realtà concrete della vita (nel quotidiano e nella festa) perché siano segno di una rinnovata amicizia tra Dio e noi, e tra noi. Non per niente osiamo chiamarci fratelli durante l’Eucaristia.
Fermiamoci un istante qui. È veramente questo che mi spinge a stare attorno a questo banchetto? Desidero scoprire la fragranza e il gusto della comunione?Come vivo la festa e la memoria che diventa concretezza e impegno sincero?
COSA VUOL DIRE CHE L’EUCARISTIA È SACRIFICIO?
Rispondere a questa domanda ci invita a chiederci qual è la REALTÀ che si nasconde dietro i segni. La parola “sacrificio” oggi è bandita: privazioni, rinunce, disagi chi li vuole? Eppure ci accorgiamo dell’importanza quando si ha uno scopo particolare. Chi fa dei sacrifici economici per studiare, chi fa dei sacrifici per raggiungere un buon livello in una disciplina sportiva ne coglie l’essenza. Noi oggi pensiamo che gioia e sacrificio siano in antitesi, in realtà sono le facce della stessa medaglia. Non apprezzo niente, se non me lo sono conquistato: questo mi fa felice! Capiamo dunque il perché di tanta insoddisfazione odierna: i figli non devono essere assecondati o avere la pappa pronta, devono essere educati alla conquista. Non per fargli trovare dura la vita, ma per fargli trovare la felicità!
Nelle religioni il sacrificio è sempre stato considerato come un’offerta di qualcosa di materiale alla divinità (che poteva essere anche cruenta, col sangue).
Nella fede cristiana il sacrificio è l’offerta della vita di Gesù sulla croce, sul Calvario (l’altare su cui si celebra è mensa, ma anche ara del sacrificio, pietra del monte), che l’Eucaristia rinnova in forma incruenta.
Il Catechismo richiama questo ai numeri 1356-1372. Sacrificio, ci dice, vuol dire rendere sacro ovvero “dedicato”. Capiamo che allora riguarda l’Amore: le dediche non le fanno gli innamorati e gli appassionati?
È un sacrificio di lode e ringraziamento (ovvero è tempo dedicato a Dio).
È il sacrificio ripresentato sulla croce, che rende presente l’uomo al più grande atto d’amore. Non ci vengono le lacrime agli occhi?
È un sacrificio che unisce la Chiesa perché chiede a chi partecipa di sapersi offrire e associa la nostra morte a quella di Gesù, per questo si offre anche per i defunti.
Sembra una questione di idee. C’è una testimonianza della mistica Catalina Rivas, donna boliviana che nel 1994 ha ricevuto le stigmate e ha fatto un’esperienza di visione soprannaturale durante la celebrazione di una Santa Messa. Scrive Catalina: “Il celebrante pronunciò le parole della “Consacrazione”. Era una persona di statura normale, ma all’improvviso cominciò a crescere, a riempirsi di luce, di una luce soprannaturale, tra il bianco e il dorato che lo avvolgeva, e diventava fortissima nella parte del volto, tanto che non si potevano più vedere i suoi lineamenti. Quando sollevò l’Ostia, vidi che le sue mani avevano sul dorso dei segni, dai quali usciva molta luce. Era Gesù!… Era Lui che con il Suo Corpo avvolgeva quello del celebrante. […]
Istintivamente abbassai la testa e Nostra Signora disse: “Non distogliere lo sguardo, alza gli occhi, contemplalo, incrocia il tuo sguardo con il Suo e ripeti la preghiera di Fatima: «Gesù mio, io credo, adoro spero e Ti amo. Ti chiedo perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non ti amano». Perdono e Misericordia… Adesso digli quanto lo ami, rendi il tuo omaggio al Re dei Re”. […] Non appena Monsignore pronunciò le parole della Consacrazione del vino, insieme alle sue parole, incominciarono ad apparire dei bagliori come lampi, nel cielo e sullo sfondo. La chiesa non aveva più né tetto, né pareti, tutto era buio, vi era solamente quella luce che brillava nell’Altare. All’improvviso sospeso in aria vidi Gesù Crocifisso, dalla testa sino alla parte bassa del torace. Il tronco trasversale della croce era sostenuto da grandi e forti mani. Dal centro di quello splendore, si distaccò un piccolo lume come una colomba molto piccola e molto brillante che, fatto velocemente il giro della chiesa, si posò sulla spalla sinistra del signor Arcivescovo , che continuava ad essere Gesù, perché potevo distinguere la Sua capigliatura, le Sue piaghe luminose, il Suo grandioso corpo, ma non vedevo il Suo volto. In alto, Gesù Crocifisso, stava con il viso reclinato sulla spalla destra. Si vedevano sul volto e sulle braccia i segni dei colpi e delle ferite. Sul costato destro, all’altezza del petto, vi era una ferita da cui usciva a fiotti verso sinistra del sangue, e verso destra qualcosa che sembrava acqua, però molto brillante; ma erano piuttosto fasci di luce quelli che si dirigevano verso i fedeli, muovendosi a destra e a sinistra. Mi stupiva la quantità di sangue che traboccava dal Calice e pensai che avrebbe impregnato e macchiato tutto l’Altare, ma non ne cadde una sola goccia!
In quel momento la Vergine disse: “Te l’ho già ripetuto, questo è il miracolo dei miracoli, per il Signore non esistono né tempo, né distanza e nel momento della Consacrazione, tutta l’Assemblea viene trasportata ai piedi del Calvario nell’istante della Crocifissione di Gesù”. Può qualcuno immaginarselo? I nostri occhi non lo possono vedere, ma tutti siamo là, nello stesso momento nel quale lo stanno crocefiggendo e mentre chiede perdono al Padre, non solamente per quelli che lo uccidono, ma per ognuno dei nostri peccati: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno!”. A partire da quel giorno, non mi importa se mi prendono per pazza, io chiedo a tutti di inginocchiarsi, chiedo a tutti di cercare di vivere con il cuore e con tutta la sensibilità di cui sono capaci quel privilegio che il Signore ci concede”.
Dopo aver sentito questo capiamo perché l’atteggiamento di mettersi in ginocchio è importante: perché Gesù ci riconsegna la vita e ci salva! Quando mettersi in ginocchio? Dall’imposizione delle mani al mistero della fede. Cosa fare quando siamo in ginocchio? Guardare intensamente Gesù Eucarestia. In quel momento diciamogli le parole più amorevoli che ci vengono dal cuore.
Questo è il Mistero della fede a cui partecipiamo, nessuna parola è sufficiente a esprimere questa realtà. Nel corso dei secoli l’abbiamo individuato in una parola un po’ difficile: TRANSUSTANZIAZIONE. Questa parola ci dice che cosa è nascosto dentro il pane consacrato. Ci dice che c’è una presenza reale di Gesù, non solo simbolica. Le specie non cambiano, ma cambia la sostanza. La bandiera italiana è un simbolo dell’Italia, ma non è l’Italia. L’ostia consacrata è Gesù, non un simbolo di Gesù! La formulazione di questa parola la dobbiamo a San Tommaso d’Aquino. Ma bisogna fare attenzione a non essere approssimativi. Gesù non è contenuto nell’ostia come un recipiente. Egli non ha detto: “questo significa il mio Corpo” e nemmeno “il mio Corpo è in questo pane”. Ma “questo è il mio Corpo”! Ovvero si è offerto per una vera relazione con noi (è l’unione matrimoniale! L’alleanza eterna). Scrive Renè Laurentin “mediante l’Eucaristia, il Cristo è realmente presente, e la comunità cristiana è realmente presente al Cristo. Non è tanto il Cristo che scende in mezzo a noi, quanto noi che siamo resi presenti al Cristo. Non è tanto il Cristo che gravita attorno alla nostra comunità, quanto la comunità che gravita intorno al Cristo. Non è tanto Lui che si abbassa per venire in mezzo a noi, quanto noi che veniamo elevati fino a Lui mediante la grazia e un anticipo di comunione con la sua gloria…”
Riscopriamo la preghiera dell’ Adoro Te devote di San Tommaso:
Adoro Te devotamente, o Dio nascosto, sotto queste apparenze Ti celi veramente: a Te tutto il mio cuore si abbandona, perché, contemplandoTi, tutto vien meno. La vista, il tatto, il gusto, in Te si ingannano, ma solo con l’udito si crede con sicurezza: credo tutto ciò che disse il Figlio di Dio, nulla è più vero di questa parola di verità. Sulla croce era nascosta la sola divinità, ma qui è celata anche l’umanità: eppure credendo e confessando entrambe, chiedo ciò che domandò il ladrone penitente. Le piaghe, come Tommaso, non vedo, tuttavia confesso Te mio Dio. Fammi credere sempre più in Te, che in Te io abbia speranza, che io Ti ami. O memoriale della morte del Signore, Pane vivo, che dai vita all’uomo, concedi al mio spirito di vivere di Te, e di gustarTi in questo modo sempre dolcemente. O pio Pellicano, Signore Gesù, purifica me, immondo, col Tuo sangue, del quale una sola goccia può salvare il mondo intero da ogni peccato. O Gesù, che ora vedo, prego che avvenga ciò che tanto desidero: che, vedendoti col volto svelato, sia beato della visione della tua gloria.
COSA VUOL DIRE CHE L’EUCARISTIA È PROMESSA?
Etimologicamente la parola “promessa” vuol dire mettere o mandare avanti; quando parliamo dell’Eucaristia e utilizziamo la parola “Messa” ci riferiamo proprio a questo. Prendere un impegno nell’oggi in vista di un futuro in cui si deve realizzare. Nella storia sacra le promesse le hanno sempre fatte i profeti, che annunciano ciò che sarà, mossi da Dio. Andiamo a Messa non solo per ricordare (memoriale), per riattualizzare (sacrificio), ma anche per attendere che una promessa si mantenga. A tutte le Messe diciamo: “Mistero della fede! Annunciamo la Tua morte, proclamiamo la Tua resurrezione, nell’attesa della Tua venuta”. L’Eucaristia è promessa di gloria futura. Questa promessa avviene attraverso la Parola di Dio e il gesto di Spezzare il Pane. È l’esperienza dei discepoli di Emmaus nella “locanda della speranza” raccontata nel Vangelo di Luca (24,13). Attorno a quella tavola i due si ricordano delle parole di Gesù: “Io sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia.Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo” (Gv 6, 48-51). Il risorto ci prepara un banchetto per anticiparci quello che sarà il paradiso. Spesso nella Bibbia il Regno di Dio è descritto come un banchetto. Il risorto tocca l’umanità e la trasforma, questo è entrare in comunione con Cristo. Questo avviene quando facciamo la Comunione (per questo è necessario essere in sintonia profonda ed esaminarsi prima di farla). Nella catena alimentare il grande mangia il piccolo. Ciò che succede è che Lui (grande) assimila noi (piccoli). Veniamo elevati al livello di Dio. Durante la preghiera eucaristica si citano morti e santi, insieme a chi vive ancora in questo mondo e si esprime – così – la più alta comunione.
Scriveva San Giovanni Paolo II nella lettera enciclica Ecclesia de Eucaristia nel 2003: “La Chiesa vive dell’Eucaristia. Questa verità non esprime soltanto un’esperienza quotidiana di fede, ma racchiude in sintesi il nucleo del mistero della Chiesa. Con gioia essa sperimenta in molteplici forme il continuo avverarsi della promessa: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20); ma nella sacra Eucaristia, per la conversione del pane e del vino nel corpo e nel sangue del Signore, essa gioisce di questa presenza con un’intensità unica. Da quando, con la Pentecoste, la Chiesa, Popolo della Nuova Alleanza, ha cominciato il suo cammino pellegrinante verso la patria celeste, il Divin Sacramento ha continuato a scandire le sue giornate, riempiendole di fiduciosa speranza. Giustamente il Concilio Vaticano II ha proclamato che il Sacrificio eucaristico è «fonte e apice di tutta la vita cristiana». «Infatti, nella santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè lo stesso Cristo, nostra Pasqua e pane vivo che, mediante la sua carne vivificata dallo Spirito Santo e vivificante, dà vita agli uomini». Perciò lo sguardo della Chiesa è continuamente rivolto al suo Signore, presente nel Sacramento dell’Altare, nel quale essa scopre la piena manifestazione del suo immenso amore” (n. 1).
L’Eucarestia, in questo senso è celebrata perché ci prepariamo alla vita eterna, ci fa sperare in un futuro buono, perché nelle mani di Dio. È tutta impregnata di eternità. Per questo è bello, ogni tanto, ricordarsi di questo celebrando la messa orientati, come veniva fatto anticamente. Il rischio è ripiegarsi nella comunità della terra, in un incontro orizzontale. Celebrare “a oriente” richiama quell’attesa che è davanti a tutti noi. Non dobbiamo essere una comunità ripiegata su se stessa, dove ci guardiamo tra noi compiaciuti o meno, ma una comunità in cammino verso casa. L’oriente è questo: il sole che sorge, non per niente i Magi arrivano da lì!
C’è una dimensione cosmica in cui entriamo. Papa Wojtyla continua parlando della sua esperienza personale: “Quando penso all’Eucaristia, guardando alla mia vita di sacerdote, di Vescovo, di Successore di Pietro, mi viene spontaneo ricordare i tanti momenti e i tanti luoghi in cui mi è stato concesso di celebrarla. Ricordo la chiesa parrocchiale di Niegowić, dove svolsi il mio primo incarico pastorale, la collegiata di san Floriano a Cracovia, la cattedrale del Wawel, la basilica di san Pietro e le tante basiliche e chiese di Roma e del mondo intero. Ho potuto celebrare la Santa Messa in cappelle poste sui sentieri di montagna, sulle sponde dei laghi, sulle rive del mare; l’ho celebrata su altari costruiti negli stadi, nelle piazze delle città… Questo scenario così variegato delle mie Celebrazioni eucaristiche me ne fa sperimentare fortemente il carattere universale e, per così dire, cosmico. Sì, cosmico! Perché anche quando viene celebrata sul piccolo altare di una chiesa di campagna, l’Eucaristia è sempre celebrata, in certo senso, sull’altare del mondo. Essa unisce il cielo e la terra. Comprende e pervade tutto il creato. Il Figlio di Dio si è fatto uomo, per restituire tutto il creato, in un supremo atto di lode, a Colui che lo ha fatto dal nulla. E così Lui, il sommo ed eterno Sacerdote, entrando mediante il sangue della sua Croce nel santuario eterno, restituisce al Creatore e Padre tutta la creazione redenta. Lo fa mediante il ministero sacerdotale della Chiesa, a gloria della Trinità Santissima. Davvero è questo il mysterium fidei che si realizza nell’Eucaristia: il mondo uscito dalle mani di Dio creatore torna a Lui redento da Cristo” (n. 8).
COME VIVERE LA MESSA?
C’è un prima. Come programmiamo l’Eucaristia domenicale? È un desiderio o un obbligo? È un bisogno di famiglia? Andiamo solo se abbiamo tempo e non c’è di meglio da fare? Se sono in vacanza cerco la chiesa più vicina? Se sono stanco? Come regolarci con il marito/la moglie/il figlio a cui non interessa? Oppure con i figli piccoli? Ogni situazione è a sé: bisogna esercitare l’arte del discernimento, senza forzare, perché c’è il rischio che venga presa in antipatia e, nello stesso tempo, pretendere una reciprocità: “se per te non è importante, per me si, quindi chiedo tempo e spazio”. Allo stesso modo, dare tempo, spazio e interessarsi a ciò che è importante per l’altro. Don Bosco diceva ai suoi religiosi: “amate ciò che amano i giovani e loro ameranno quello che amate voi!”.
Suggerisco di leggere prima i brani biblici. Durante l’adorazione del giovedì in parrocchia lo facciamo sempre. Poi prima di andare in chiesa chiederci: per chi o per cosa offro questa Messa? Quali intenzioni personali, gioie, problemi, fatiche, situazioni, persone, defunti… porto nella celebrazione?
Ci sono le piccole attenzioni concrete: la puntualità dettata dalle campane, spegnere i cellulari, evitare le chiacchiere, occupare anche i primi posti, prendere il libretto (poi riporlo), togliersi il cappello, rispettare il digiuno eucaristico di almeno un’ora.
C’è un durante. L’atteggiamento del corpo e lo sguardo (in piedi per accogliere, seduti per l’ascolto e in ginocchio per adorare) ci ricordano che siamo davanti al Signore che ci guarda. Non si può essere sciatti e trasandati, né ricercati, quando siamo davanti alla Presenza. Il nostro raccoglimento personale evita eccessi di distrazioni, e anche il coraggio di chiedere di smettere di parlare a chi sta disturbando. Pensare a quello che si fa, si prega, si legge e si ascolta, si canta. Esaminarsi se si è nelle disposizioni per fare la comunione (situazione di vita, peccati gravi, fede nella presenza) o se è meglio chiedere la benedizione.
C’è un dopo. Ci sono almeno tre attenzioni: il ringraziamento silenzioso in cui apriamo il cuore a Dio, il saluto a conoscenti (e non) sul sagrato, il portare a casa una parola (magari scrivendola da qualche parte in un angolo della casa).
Perché non fare diventare la Messa un argomento per il pranzo della festa?
Lascio alcune domande per un esame di coscienza: come l’Eucaristia cambia le mie relazioni? Il mio pensiero? La mia disponibilità? Mi sento inviato nel mondo? Sono carico di speranza? Custodisco una parola che ritorna nella settimana?
Sappiamo che c’è il PRECETTO per un cristiano di vivere la Messa domenicale. Il precetto dice l’importanza di questo momento settimanale, ma insieme a esso è necessario il desiderio e l’impegno per farne percepire l’essenzialità per la vita! San Francesco di Sales dopo aver spiegato l’Eucaristia a una riunione con tanti protestanti presenti (che non credono alla presenza viva di Gesù) si sente dire dopo che è uscito dalla chiesa: “non è la sua eloquenza, ma la sua genuflessione uscendo che mi fa capire che ciò che dice è vero!”.
Prime comunioni
La prima Comunione non è un sacramento. Sacramento è l’Eucarestia. La prima Comunione è un momento importante del cammino di fede e di catechismo. È la “prima volta” che i bambini partecipano in modo completo alla Santa Messa accedendo alla mensa del Corpo e Sangue di Cristo. Il modo più bello che il Signore ha scelto di stare con noi. Il segno più grande di come si è donato a noi. Si rinnova sull’altare il sacrificio di Gesù sulla Croce. Nella nostra comunità le prime comunioni sono a gruppi di catechismo nelle domeniche dei tempo di Pasqua.
La “prima volta” vuol dire che si presuppone che i bambini dalla domenica in cui faranno la comunione proseguano con la frequentazione costante della Messa domenicale. Lascio alcune attenzioni da avere in quel giorno perché sia significativo:
- è necessario un clima di preghiera;
- è importante non disturbare la celebrazione (spegnere i cellulare, evitare movimenti, non si fanno le foto durante la celebrazione);
- è bene partecipare in modo attivo alla celebrazione rispondendo alle preghiere e cantando: chi abitualmente non partecipa alla Messa, chi non è confessato, o chi vive in una situazione irregolare di vita cristiana non può fare la comunione, può chiedere la benedizione al ministro.