Chiesa di San Giovanni al cimitero

La chiesa di San Giovanni Battista, che fu la prima chiesa parrocchiale di Volvera, risale all’anno mille. Costruita in origine probabilmente ad unica navata, dopo circa un secolo venne ampliata nella parte anteriore con l’aggiunta di due navate laterali, assumendo una struttura di base con pianta a croce latina. La costruzione è semplice, in tema con il carattere rurale del contesto ambientale; si presenta con un disegno architettonico dalle linee gotiche molto pacate in perfetta coerenza con il persistere della tipologia romanica.
Utilizzata come parrocchia fino al 1617 l’antica chiesa di San Giovanni subì nel tempo un lento, progressivo inesorabile degrado che portò alla demolizione delle navate laterali ed a discutibili interventi di restauro conservativo.

L’edificio, già in stato di precaria conservazione, patì ulteriori danni sul finire del secolo XVII, allorché nell’ottobre del 1693 le operazioni di guerra condotte dal Maresciallo Catinat, devastarono il paese e, sebbene avessero risparmiato in linea di massima gli edifici di culto, danneggiarono gravemente la torre campanaria, che venne poi ricostruita nel 1868 per volontà del Parroco don Gribaudi, del sacerdote Don Lisa Nicola e di Gaspare Massimino.
A questo periodo risalgono opere di restauro sulla chiesa, dell’altare maggiore, dell’abside del coro, e vi si aggiunsero ancora due altari laterali e la costruzione del muro che separa l’antico nucleo della chiesa con la parte restante dell’edificio.

Sopra l’altare di sinistra vi è un dipinto a fresco dell’artista Mentasti che rappresenta il Paradiso, l’Inferno e il Purgatorio; questo specialmente mette sott’occhio la meravigliosa efficacia del sacrificio della Messa per le anime purganti, perché sopra delle medesime si vede il Sacerdote celebrante, ed il Calice da cui cola il Sangue Divino sovra le anime, che liberate volano verso il cielo.

Vera opera d’arte è la decorazione pittorica composta da due grossi cicli di affreschi realizzati nel 1500 e, successivamente, nel 1800 in occasione dei restauri prima ricordati.

Entrando nella cappella si possono osservare , sulle pareti del coro, le figure dei dodici apostoli sopra i quali campeggiano, nel catino absidale, al centro, l’immagine del Cristo Pantocratore, inserita in una mandorla secondo la tradizione tardo medievale, ai lati quelle della Madonna in preghiera, di San Grato e di San Giovanni Battista.
Nella zona absidale, a destra della portina di accesso al campanile, si apre una piccola nicchia con funzione di tabernacolo decorata da una modanatura cuspidata in cotto e lavorata a cordoncino che richiama il disegno delle ghimberghe posizionate sulle facciate delle chiese d’oltralpe.

Il soffitto a crociera, scandito da costoloni in muratura di mattoni intonacati e affreschi con motivi floreali e geometriche cornici, è diviso in quattro vele che conservano gli affreschi raffiguranti i quattro evangelisti. La pittura parietale, oltre gli archi che delimitano il transetto rappresenta nelle lunette il Compianto sul Cristo morto sulla parete di destra, l’Assunta su quella di sinistra.

Questi ultimi affreschi denunciano nella rappresentazione pittorica l’uso della prospettiva e quindi sono da ritenersi opere del tardo periodo rinascimentale. Infatti la composizione pittorica del paesaggio è molto dettagliata e vi compaiono città, castelli e gruppi di figure con abiti dal disegno cinquecentesco.

Su un arco è rappresentato lo stemma dei Conti di Piossasco, feudatari di Volvera: uno scudo con nove merli sormontato da un cappello vescovile con cordoni e fiocchi, probabilmente simbolo di Antonio de Ruben di Piossasco, dignitario capitolare. L’antico stemma del Comune, che è costituito da uno raffigurante una pianta di lauro su campo azzurro, si staglia sull’arco di fronte.

Nella cappella laterale di destra è conservato un affresco isolato che raffigura i santi Cosma e Damiano, i due fratelli medici che praticavano questa scienza senza alcun compenso. Nella stessa cappella sono visibili alcune tracce dell’affresco ottocentesco che raffigura l’immagine dell’Immacolata.
Nella cappella di sinistra la parete principale sopra l’altare è interamente occupata da una crocifissione e da un insieme di altre figure che rappresentano come il sacrificio di Cristo purifichi e salvi le anime del purgatorio. Nella parete laterale della cappella troviamo un affresco di San Filippo Neri. L’interno ciclo di questi ultimi affreschi è stato realizzato nel corso dei restauri del 1859.
Di forte impatto visivo è il ciclo di affreschi sulla facciata esterna del muro che racchiude la parte principale della chiesa con il resto dell’edificio. Con immagini molto efficaci viene richiamata la fragilità della vita umana con la sua smodata ricerca di ricchezze di fronte alla morte.
Sulle due pareti della navata principale “esterna” sono dipinte le immagini di Santa Apollonia, San Giobbe, Santa Lucia e San Michele.
Sulla facciata a capanna, unico ornamento è il rosone in cotto.

Nel 2012-14 la chiesa è stata oggetto di un restauro che l’ha restituita alla bellezza che merita. Dal 2019 si è ripreso a celebrare i funerali in questa chiesa da maggio a ottobre.

PRECISAZIONI RIGUARDO AI FUNERALI 

Come già annunciato alla fine dello scorso anno, ho preso la decisione di utilizzare almeno nei tempi più caldi la chiesa del cimitero per celebrare il saluto cristiano ai nostri cari. La mia decisione è stata meditata dopo essermi consultato con più persone: con chi svolge abitualmente il servizio funebre, con il comune che è proprietario dell’immobile, con la polizia locale e con chi collabora concretamente alla vita della comunità (conscio di alcune criticità).

Credo innanzitutto che le ragioni della scelta si chiedano, dunque, direttamente all’interessato e di persona, non utilizzando canali dove ognuno dice cose di cui non sa e diventano il pretesto per accusare o sfogarsi. Io sono il primo che utilizzo i social ma sempre con l’intento di far conoscere, allargare il giro, raggiungere più persone possibile.

Comunque utilizzo un po’ di tempo per ribadire alcuni concetti che mi sembrano coerenti con la decisione che – come legittimo pastore – ho deciso di assumere. Sono conscio che ogni cambiamento destabilizza sempre un po’, almeno inizialmente, ma cercherò di rispondere in modo completo.

1. Non c’è una “Legge di Dio” che prescriva come celebrare i funerali. Anzi, se apriamo il Vangelo Gesù stesso afferma “lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu va’ e annuncia il regno di Dio” (Lc 9,60). Annunciare nel momento del distacco il regno e le promesse di Dio insieme alla preghiera per l’anima del caro defunto è quello che è necessario fare. È quello che spero di fare bene. Il modo in cui questo si fa è diverso nei tempi e nei luoghi. Solo una cinquantina di anni fa si addobbava la chiesa di nero, si faceva il rosario in casa, non si celebrava mai la Messa durante le esequie, il rito era tutto in lingua latina, si usavano le carrozze e i cavalli con i pennacchi, c’erano le figlie di Maria e le compagnie con i vestiti propri, i bambini partecipavano con le maestre saltando le lezioni… Sono alcuni esempi per farci rendere conto che quello che noi riteniamo essere un modo normale di fare, in realtà è stato profondamente cambiato nelle forme, ma non nella sostanza. D’altra parte non ci sarebbe stata un’evoluzione se non si fosse mai cambiato niente.

2. Non ci sono funerali di serie A e di serie B, semplicemente sono differenti le persone che partecipano a una celebrazione. Ci sono funerali con più persone e meno persone. Ci sono funerali con gente più abituata a pregare, con più gente attenta e silenziosa. Ci sono funerali con persone che non hanno nessuna confidenza con la ritualità e non sanno nemmeno recitare il Padre Nostro e l’Ave Maria. Dio ci accoglie tutti, così come siamo, ma proprio per questo motivo è necessario comprendere che le differenze ci sono e ci saranno sempre perché diversi siamo tutti. Un conto è celebrare un funerale con tante persone perché la persona è molto conosciuta, giovane o con una grande famiglia, un conto è celebrare in modo più intimo con poche persone. Diversificare non vuol dire trattare bene qualcuno e altri no (cosa che cerco di non fare), ma calarsi nella realtà e usare parole, letture e attenzioni diverse a seconda del contesto celebrativo (cosa che cerco di fare con piccole attenzioni, ad esempio quando un coniuge rimane vedovo/a benedico la salma con un fiore che lascio…). La parrocchia per nessuna celebrazione nell’ultimo decennio (e sono sicuro anche prima) ha mai chiesto o ricevuto soldi per “trattamenti di favore”, ma solo come offerte liberali e di sostegno per le molteplici attività e per la cura degli edifici che sono sotto gli occhi di tutti.

3. L’amministrazione comunale precedente e quella attuale ha fatto grandi investimenti per ristrutturare la chiesa di san Giovanni che oltretutto è un’opera d’arte meravigliosa con dei colori e delle immagini piene di luce e di fede,gioiello medioevale regalatoci dai nostri avi. Sapete che se un edificio non si usa deperisce più in fretta e sarebbe un grande peccato. Amando l’arte, credo che essa sia a servizio di tutti. E confesso che pregare davanti agli affreschi della chiesa del cimitero è commuovente proprio per il messaggio che portano a noi, e che cerco di utilizzare per annunciare quel Regno di cui crediamo e quella Fede che dagli apostoli – lì rappresentati – arriva fino a noi. Semplicemente mi sono chiesto come valorizzare ciò che fa parte della storia e del patrimonio del nostro territorio. Essendo una chiesa (oltretutto la prima costruita nel nostro territorio) ed essendo al cimitero, l’unico modo perché questo patrimonio fosse a servizio di tutta la comunità è quello di celebrare i funerali (e non altre Messe). Per il sottoscritto sarebbe stato più comodo celebrare in parrocchia che è più vicina alla mia abitazione! La parrocchia ha messo delle risorse per attrezzare per la celebrazione quella chiesa. Certamente stiamo lavorando con il comune (che ringrazio della disponibilità soprattutto nella persona dell’ing. Racca) per risolvere dei problemi tecnici legati alla prima parte della chiesa e alla presenza di volatili che entrano sporcando.

4. Il problema spazio è relativo. Innanzitutto siamo più raccolti intorno al defunto, chi c’è stato credo possa testimoniare effettivamente un clima più familiare. Tra la parte intorno all’altare e l’aula di ingresso ci sono comunque circa 150 posti a sedere tra sedie e panche. Bisogna solo occuparli bene. Facendo al cimitero la funzione si toglie il problema del parcheggio in centro e nel cimitero c’è posto per tutte le automobili, oltretutto non si ostacola la viabilità. Altri problemi, come quello dell’accompagnamento musicale, si possono risolvere con una pianola, che oltretutto c’è.

5. Per quanto riguarda l’accompagnamento, vedo che la maggior parte delle parrocchie non fa più il corteo, che è diventato un problema proprio per non discriminare: molti vanno in cremazione, qualcuno arriva da Gerbole, molti anziani fanno fatica a camminare… oltre bloccare la viabilità! A queste questioni tecniche si aggiunge il fatto che in questi cortei si fa di tutto, tranne che pregare. Ci tengo a ricordare che da ottobre 2018 non ho più accompagnato in corteo nessuno, mi stupisce che si affermi il contrario.

6. Ho detto e scritto che come norma i funerali nei tempi freddi (novembre/aprile) si celebrano in parrocchia e nei tempi caldi (maggio/ottobre) al cimitero. Chiaramente le eccezioni ci saranno e sono motivate: chi è delle frazioni e preferisce utilizzare la chiesa del Santo Volto; chi non entra nel nostro cimitero perché seppellito altrove o va in cremazione (ha poco senso entrare nel cimitero per poi uscire); se c’è un funerale il venerdì mattina si farà sempre in parrocchia perché contemporaneo con la Messa di orario in cui spesso sono ricordati altri defunti; se si valuta una partecipazione così grande che fa ritenere più opportuno l’utilizzo della chiesa parrocchiale.

L’unica cosa che non voglio è quella di litigare quando piangiamo un morto. Ma credo che sia mio dovere paterno poter prendere delle decisioni che preparino anche ai cambiamenti profondi che nei prossimi tempi la nostra diocesi dovrà affrontare, considerata l’età e la scarsità del clero. Ci sono già tanti preti con due o tre parrocchie, tanti sono molto anziani. Pensate che in Francia da più di dieci anni nessun sacerdote celebra le esequie e ci sono equipes di laici che guidano un momento di preghiera! Credo che sia mia responsabilità preparare il terreno perché le nuove realtà non ci travolgano, ma ci vedano con più senso di responsabilità ad aiutarci di più ed a puntare all’essenziale. L’essenziale è amare i nostri cari in questa vita e accompagnarli nella preghiera con la consapevolezza che siamo tutti in cammino per godere la bellezza della presenza del Signore in attesa della resurrezione: questo dovrebbe interessare a chi celebra il rito funebre cristiano! Chiedo a tutti maggior rispetto evitando le “chiacchiere” che sempre Papa Francesco stigmatizza – a partire da chi vive dal di dentro la vita parrocchiale – assicurando che il mio ufficio è sempre aperto, ma dissociandomi da semplificazioni e accuse gratuite e infondate.

Sicuro della vostra comprensione, vi benedico di cuore!

Volvera, 22 maggio 2019

Santa Rita, santa delle cause impossibili.

Il priore