Incontri dei genitori del catechismo quinto anno (I media)

INCONTRO 1

Abbiamo creduto all’amore di Dio — così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita. All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva. Nel suo Vangelo Giovanni aveva espresso quest’avvenimento con le seguenti parole: « Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui … abbia la vita eterna » (3, 16). Con la centralità dell’amore, la fede cristiana ha accolto quello che era il nucleo della fede d’Israele e al contempo ha dato a questo nucleo una nuova profondità e ampiezza. L’Israelita credente, infatti, prega ogni giorno con le parole del Libro del Deuteronomio, nelle quali egli sa che è racchiuso il centro della sua esistenza: « Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo. Tu amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze » (6, 4-5). Gesù ha unito, facendone un unico precetto, il comandamento dell’amore di Dio con quello dell’amore del prossimo, contenuto nel Libro del Levitico: « Amerai il tuo prossimo come te stesso » (19, 18; cfr Mc 12, 29-31). Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4, 10), l’amore adesso non è più solo un «comandamento», ma è la risposta al dono dell’amore, col quale Dio ci viene incontro.

Benedetto XVI – Deus caritas est

Cosa mi ha colpito di queste parole? Ne sono convinto? Cosa manca alla mia fede?

INCONTRO 2

Noi crediamo che il mondo è stato creato da Dio secondo la sua sapienza. Non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un destino cieco o del caso. Noi crediamo che il mondo trae origine dalla libera volontà di Dio, il quale ha voluto far partecipare le creature al suo essere, alla sua saggezza e alla sua bontà: “Tu hai creato tutte le cose, e per la tua volontà furono create e sussistono” (Ap 4,11)

Catechismo della Chiesa Cattolica n.295

“Signorina, sa che tra lei e una scimmia non c’è molta differenza?”. Così disse Pierino Canaglini, di IV elementare, alla sua maestra un giorno che non era riuscito a digerire né la colazione né la brutta nota scritta in rosso sotto il tema del giorno prima. Risultato: un bel ceffone. Giusto!

Eppure, si chiedeva Pierino che del tutto stupido non era, la settimana scorsa la stessa maestra non ci aveva insegnato che l’uomo deriva dagli animali? Forse che le donne no? … Pare infatti che sia noi, sia le scimmie e le altre bestie dello zoo deriviamo insieme da qualche animale acquatico, del resto, non è forse vero che prima di nascere eravamo immersi, senza annegare, nell’acqua dell’utero della nostra mamma?. “Allora il ceffone me lo sono meritato?” mi domanda Pierino preoccupato di doverne subire uno anche a casa. “Sì e no. Sì perché la tua frase era vendicativa e offensiva nei riguardi della maestra. No, perché in fondo, dicevi una verità: scimmia o non scimmia, sta di fatto che agli animali assomigliamo un po’ tutti, chi più chi meno. Tu per esempio, quando hai fame sembri un lupo, quando corri a un cerbiatto, a scuola… un somaro!”. “Beh, un po’ è vero. Ma è proprio vero allora che noi uomini deriviamo dagli animali? Com’è che siamo così diversi da loro?”.

“Queste domande dimostrano che proprio somaro non sei. Complimenti! C’è infatti in ognuno di noi la capacità di pensare, di parlare, di volere, di volersi bene (e purtroppo anche male) che difficilmente si può far derivare da lupi, cani, somari, balene o pappagalli. Non ti sembra?. “Già… e poi quando facciamo il male non assomigliamo sempre alle bestie, talvolta siamo peggio di loro. Infatti sembriamo, noi uomini, sempre un po’ originali, un piano su o un piano sotto rispetto ai nostri vicini che stanno nella cuccia”. “Vedo che ragioni proprio bene, quando vuoi”. “Ma la Bibbia che cosa insegna? Non abbiamo letto che tutto viene da Dio creatore? E che tutto fu creato in sette giorni? E che noi uomini veniamo dal fango?” “La Bibbia non esclude affatto che ci sia in noi una vicinanza con gli animali, ma parla chiaramente di differenza tra noi e loro: non  gli animali danno il nome ad Adamo (che traduce la parola ebraica Uomo), ma Adamo a loro; non gli animali sono creati a immagine e somiglianza di Dio, ma l’uomo e la donna; non noi siamo fatti per gli animali, ma essi per noi”. “Ma la Bibbia permette di pensare che l’uomo derivi addirittura da  qualche animale? Non dice che Dio plasmò l’uomo dalla terra?”. “Sì, sta scritto così. Ma quella terra è l’insieme degli elementi materiali, cioè terreni di cui siamo fatti”. “Ma allora si può dire che tutto derivi per evoluzione e dal nulla?”. “Tu che ne dici?”. “Mi sembra impossibile. Sarebbe come pensare che cento vagoni ferroviari possano correre con o senza un locomotore; o che ad un certo punto si trasformino in locomotore essi stessi”. “Già, la scienza non può negare né affermare, con i suoi strumenti, che TUTTO derivi per evoluzione e soprattutto dal nulla. La Bibbia invece, pur con il suo linguaggio semplice e ricco di immagini, insegna che in noi uomini c’è qualcosa di veramente originale (ovvero che riguarda la nostra origine) a confronto di tutto il resto, e che sia noi sia tutto il resto veniamo da Dio creatore e siamo fatti per andare con Lui ad una festa senza fine…” 

(don Giovanni Giavini)

Mi sono mai trovato in una situazione come questa? Ho avuto difficoltà a rispondere alle domande dei miei figli sul problema tra creazione ed evoluzione, tra fede e scienza?

Ricorda il detto di quel grande scienziato e credente che era Galileo Galilei: la Scrittura non ci insegna come vada il Cielo, ma come si vada in Cielo!

 

INCONTRO 3

UNA PREGHIERA CHE CI METTE IN DISCUSSIONE

O Cristo, nostro unico mediatore, Tu ci sei necessario: per vivere in Comunione con Dio Padre;
per diventare con te, che sei Figlio unico e Signore nostro, suoi figli adottivi;
per essere rigenerati nello Spirito Santo.

Tu ci sei necessario, o solo vero maestro delle verità recondite e indispensabili della vita,
per conoscere il nostro essere e il nostro destino, la via per conseguirlo.

Tu ci sei necessario, o Redentore nostro, per scoprire la nostra miseria e per guarirla;
per avere il concetto del bene e del male e la speranza della santità;
per deplorare i nostri peccati e per averne il perdono.

Tu ci sei necessario, o fratello primogenito del genere umano,

per ritrovare le ragioni vere della fraternità fra gli uomini,
i fondamenti della giustizia, i tesori della carità, il bene sommo della pace.

Tu ci sei necessario, o grande paziente dei nostri dolori, per conoscere il senso della sofferenza
e per dare ad essa un valore di espiazione e di redenzione.

Tu ci sei necessario, o vincitore della morte, per liberarci dalla disperazione e dalla negazione,
e per avere certezze che non tradiscono in eterno.

Tu ci sei necessario, o Cristo, o Signore, o Dio-con-noi,
per imparare l’amore vero e camminare nella gioia e nella forza della tua carità,
lungo il cammino della nostra vita faticosa, fino all’incontro finale con Te amato, con Te atteso,
con Te benedetto nei secoli.

(Papa Paolo VI)

Davvero per noi Gesù è necessario per questi motivi?

Il Natale potrà essere una riscoperta del festeggiato?

O vivremo queste feste facendo tante cose che rischiano di essere un guscio vuoto?

INCONTRO 4

Lo Spirito, più che oggetto di conoscenza, è colui che ci fa conoscere: svela ai nostri occhi la bellezza del Figlio, arriva a darci l’intelligenza del Padre e così fa piovere la sua luce su tutte le cose, dischiudendoci il senso vero. Più che realtà da contemplare, egli è in noi il principio della contemplazione del Signore Gesù… qualche paragone ci può aiutare. Un miope, grazie agli occhiali, ricupera intera la sua capacità visiva e può godere dello spettacolo del creato, senza che si senta per questo obbligato a guardare in ogni momento gli occhiali; Il respiro ci consente di vivere  e di prendere piacere dalle cose: ma nessuno si avvede del piacere che prova a respirare, almeno fino a che questo bene non appaia insidiato. Nella lettera di San Paolo ai Romani (cap. 8,1-30) c’è una descrizione complessiva della “vita nuova”. Essa è la “vita secondo lo Spirito”, perché tutto proviene da lui: la certezza che siamo diventati “figli di Dio”; la “guida” nell’esistenza; la possibilità di vivere liberi dai “desideri carnali” e così di piacere a Dio; la qualità della nostra preghiera; la prospettiva di raggiungere alla fine anche la “redenzione del nostro corpo”, cioè lo stato di risurrezione e di gloria. Tutto ciò si può riassumere in quanto già era stato detto nella stessa lettera: “La speranza non delude, perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).                                                                                       Card. Giacomo Biffi

L’azione dello Spirito nella vita di un credente ci fa comprendere che da soli non ci bastiamo: mi sento più “uomo/donna che non deve chiedere mai” o avverto che sono “mendicante di felicità”? Come trasmetto ai figli che la felicità non consiste nell’avere, nel sembrare, nel possesso ma nella libertà dell’essere? Come li aiuto ad essere “se stessi”? Mi sento davvero figlio di Dio e aiuto loro ad avere questa certezza? La mia preghiera ha qualità oppure è trascinata o assente? Sono un uomo/donna che trasmette fiducia e speranza? Oppure con i miei atteggiamenti semino sfiducia, rassegnazione e critica? Che idea avrà di me mio figlio su questi argomenti?

INCONTRO 5

scheda ragazzi

La signora è veramente contenta, direi raggiante. Ci fa sapere che sua figlia presto si sposerà. Complimenti e auguri! Ma la signora ha voglia di raccontare. Dice che il futuro marito non sarà quello di cui ci ha parlato una volta, tempo fa. No, quella storia è finita. La figlia sposerà un altro, con il quale convive da tempo, come del resto aveva convissuto con l’altro. Complimenti e auguri!

Ma il racconto non è terminato. La sposa indosserà un bellissimo vestito bianco, naturalmente. Il suo sogno di sempre. «È costato un po’, ma se non si fa una pazzia in questi casi, quando la si può fare?» Complimenti e auguri! «Ma la location… Ah, la location! Davvero fantastica. In mezzo alla natura, e davanti alla distesa del mare. Un posto incantevole. Con una carica mistica, verrebbe da dire». Complimenti e auguri! «E poi, e poi… C’era quel problema: la cresima. Mia figlia non l’aveva mai ricevuta, quindi non avrebbe potuto sposarsi con il rito religioso. Ma tutto si è risolto per il meglio». Complimenti e auguri! «Sì, mia figlia aveva quel problema, un po’ assurdo, a dire il vero: niente cresima, niente matrimonio religioso. Ma dove siamo rimasti? Però poi abbiamo conosciuto quel prete: tanto bravo, tanto misericordioso! Ha detto: ci penso io. E in poco tempo le ha dato la cresima. Non è meraviglioso?» Complimenti e auguri! «Un prete che ha capito l’esigenza di mia figlia: non è stato fiscale, ma veramente buono e accogliente. Un prete cattolico incontrato quasi per caso. Una bellissima persona». Complimenti e auguri! La signora se ne va, felicissima, e noi siamo felici per lei e la figlia.

E ora qualche pensierino a margine.

Sorvoliamo sulle convivenze plurime, l’abito bianco e l’importanza data al posto (anzi, scusate, la location) dal significato «mistico». E veniamo a quella cresima amministrata «in poco tempo», giusto per avere il via libera verso il matrimonio religioso (che oltretutto non è strettamente necessaria).

Bella questa Chiesa cattolica-bancomat, non è vero? Che fare se nel mio itinerario umano, generalmente del tutto alieno da contenuti religiosi, nasce un’esigenza che richiede una risposta da parte della Chiesa? Semplice: basta cercare il prete giusto, ovvero «buono» e «accogliente»,  premere il pulsante e in quattro e quattr’otto ecco il sacramento richiesto.

La Chiesa-bancomat è ovviamente quella preferita da chi, in genere, della Chiesa e dei sacramenti non avverte alcun bisogno. È tanto comoda! Essendo al passo con i tempi, è una Chiesa che ha capito benissimo una cosa: l’esigenza religiosa, se e quando si manifesta, attiene non alla fede e alla ragione, ma al sentimento, anzi al sentimentalismo. Riguarda il benessere psicofisico, non la salvezza. Fa parte, in poche parole, della location. Tutto il resto è solo intralcio.

L’altra Chiesa, quella che invece pretende di assegnare un significato preciso a ogni scelta e ad ogni gesto, quella che raccomanda la coerenza e perfino (orrore!) il sacrificio, è quindi vissuta come un intralcio, un anacronismo, un residuo del passato.

Meno male che c’è sempre qualche prete «buono e accogliente». Potremmo anche dire accomodante, ma la parola non suona bene. Diciamo un prete che ha capito come vanno le cose in questo mondo sentimentale. Che fa rima con superficiale.

Se incontri un prete così, ministro della Chiesa-bancomat, allora puoi veramente dirti fortunato. Altrimenti è una gran seccatura. Magari ti tocca pure andare al catechismo!

Se fossi un uomo generoso e paziente, avrei chiesto alla signora: «Scusi tanto, ma per lei che cos’è la Chiesa? Qualcosa che riguarda la Verità o un problema di location? E chi è Dio? E Gesù?».

Purtroppo non sono né generoso né paziente. Al contrario, più invecchio più divento impaziente e, temo, sempre meno generoso. Così in certi casi mi limito a fare i complimenti e gli auguri e poi me ne vado meditabondo.

Però la Provvidenza non si stanca di farmi incontrare, sotto forma di persone e di libri, esempi che mi lasciano senza fiato per la Verità che esprimono.

C’è una paginetta che don Biffi (poi Arcivescovo di Bologna) scrisse nel 1972 per il bollettino della sua parrocchia a Milano. Dice così: «Nel progetto predisposto da Dio per la salvezza degli uomini, ci sono tre pilastri che reggono tutto l’edificio della nostra esistenza. Se essi cedono, il crollo di tutti i valori è immancabile. Sono anche le verità che è indispensabile accogliere, se ci si vuol chiamare cristiani. Queste verità sono: Dio, nostro Padre e amico; Gesù Cristo, inviato e Figlio di Dio; la Chiesa, come popolo dei salvati e comunità di coloro che sono in attesa del regno di Dio. Queste tre verità sono tra loro così legate che se una si smarrisce, o presto o tardi anche le altre si perdono. La storia di questi ultimi secoli lo dimostra . Quattro secoli fa per la prima volta in Europa si mise in discussione l’idea di Chiesa, pur conservando una profonda fede in Cristo, Dio e salvatore. Dopo qualche secolo, però, dove si era persa l’idea di Chiesa, si finì per scoronare Cristo della sua divinità e pensarlo come un puro uomo, sia pure grande e geniale. E divenne un luogo comune pensare a lui solo come al “primo socialista”, a un liberatore degli oppressi, a un predicatore di giustizia terrestre. Affascinanti idiozie: se Gesù non fosse veramente il Figlio di Dio, sarebbe solo un esaltato e un uomo fallito. Corrosa la fede in Cristo, anche l’idea di Dio, che sembra vivissima, a poco a poco cominciava a sbiadire. E, per la prima volta nella storia, fece la sua comparsa l’ateismo di massa».

«Sembrò in principio che anche senza l’idea di Dio si potessero salvare gli ideali umani di giustizia e di moralità. Qualcuno, più intelligente, vide invece dove si andava a finire: “Se Dio non esiste, tutto è lecito”, dice un personaggio di Dostojevski e arriva a giustificare l’omicidio. Oggi ce ne stiamo convincendo a nostre spese. Questa società presuntuosa, che ha demolito i suoi fondamenti, non riesce più a stare in piedi: niente sembra avere significato, nessun valore sembra sostenersi. Siamo di fronte a un mondo senza senso, che si avvia inesorabilmente alla disperazione».

«Naturalmente alla disperazione noi non arriviamo, perché a noi è stata data una grande speranza e ogni celebrazione pasquale ce ne ripropone il motivo e ce ne ridona la freschezza e la vitalità. Purché restiamo ben consapevoli dei tre “pilastri” e della loro necessaria concatenazione: non si riesce a salvare un’esistenza umana degna di questo nome senza la fede in Dio; non si riesce a credere in Dio che ci è Padre e non ci abbandona, senza la contemplazione di Gesù crocifisso e risorto, nel quale l’amore di Dio si è rivelato; non si arriva a conoscere veramente chi è Gesù, se non ci si mantiene nella Chiesa, “colonna  fondamentale della verità”, “sposa senza macchia e senza ruga”, come dice san Paolo. Coi fondamenti della nostra esistenza non si può scherzare: chi ci verrà a tirar fuori dalle macerie dei nostri pretenziosi castelli?».

Aldo Maria Valli

Non c’è Chiesa senza Cristo e non c’è Cristo senza Chiesa. Sono d’accordo con questa affermazione? Qual é l’idea che ho di Chiesa? Cosa mi ha colpito di questa riflessione del vaticanista Valli? Mi sento parte di essa, della comunità? Considero la parrocchia come uno sportello di servizi? Come vivo concretamente la mia vita cristiana?

INCONTRO 6

scheda ragazzi

Molti pensano che non ci sarebbe bisogno di alcun perdono da parte di Dio, basterebbe che gli uomini si perdonassero reciprocamente il male che si fanno tra loro. In questo c’è qualcosa di giusto. Il perdono tra esseri umani è necessario in ogni tempo e sicuramente si può dire che nell’insieme ci si perdona troppo poco. 

Se si prende come misura l’insieme dei debiti finanziari che ci sono oggi in tutti i paesi del mondo, se si esaminano gli interessi e gli interessi sugli interessi che ne derivano, ognuno si rende conto che l’umanità è incapace di pareggiare i debiti e che una remissione dei debiti non sia per nulla in prospettiva, poiché i creditori si rovinerebbero da se stessi, se perdonassero tutti i debiti… 

D’altra parte sono convinto che è assolutamente adeguato misurare con il metro dei debiti finanziari l’altezza delle colpe morali che si sono accumulate. Gli stati con i debiti più elevati non sono forse i più colpevoli? Fanno molti debiti per pareggiare i danni di una egoistica politica del passato, orientata solo al guadagno, e differiscono il pagamento al futuro, alle prossime generazioni. Il tutto costituisce una colpa molto grave. La colpa morale sorge quasi sempre dal medesimo principio. Una vita fallita conduce alla crisi nel presente e poi a cattive azioni, a delitti. La riparazione della colpa viene rimandata al futuro, perché al presente non è assolutamente possibile.

L’umanità non  può fare a meno del perdono divino. Da sola non è in grado di far fronte al cumulo sempre crescente delle colpe e della valanga di cattivi comportamenti. Il peccato è non volere alcun limite, è sopraffazione degli altri. Il peccato rifiuta di riconoscere a Dio il suo essere divino e si manifesta come resistenza contro il suo comandamento che stabilisce un limite, ma per promuovere la vita.

Quando nel “Credo” si parla di “remissione dei peccati” si intende un perdono che trasforma il peccatore. Che gli permette di diventare nuovamente ciò che è stato prima del “peccato originale”, di ritornare alla condizione di una “giustizia originaria”… l’affermazione di fede circa la “remissione dei peccati” significa che l’umanità ha un futuro. Il passato pieno di colpe non determina più la vita. In ogni momento si può compiere un nuovo inizio.                                                        Thomas Ruster

Il Battesimo e la Confessione ci fanno guardare a questo futuro che solo Dio ci può regalare. Mi rendo conto che ho bisogno di questo perdono che libera? Quando i figli sbagliano come affronto questi momenti? Si sentono seguiti, accompagnati e sostenuti quando compiono degli errori? Ce ne accorgiamo quando qualcosa non va per il verso giusto? I ragazzi ci guardano… cosa vedono di noi? Come affrontiamo i nostri limiti? Ci rendiamo conto che Dio è alleato nel cammino di vera felicità? Che idea abbiamo di Lui: un censore che dice dei no? Un “amicone” che mi deve dar sempre ragione? Oppure…

INCONTRO 7

scheda ragazzi

Cosa succede dopo la nostra morte? Intervista al card. Biffi su Rai 2 del 5 agosto 1998

Con la morte finisce tutto?

Il problema è molto interessante, drammatico e inevitabile, perché i casi sono due: con la morte o si va a finire nel niente o si va a finire nella vita eterna. Le altre soluzioni sono forzatamente provvisorie. Io so già che tra qualche anno o andrò a finire nel niente o andrò a finire nella vita eterna. Ma se andrò a finire nel niente, io vivo già adesso per niente; cioè, se l’approdo dell’esistenza è il niente, anche la sostanza dell’esistenza è il niente, e questa è un’assurdità. Che qualcosa debba venire dal niente solo per tornare nel niente, è una contraddizione.

  

Allora diciamo che siamo destinati all’eternità… Che cosa succede di noi un istante dopo la nostra morte? Io so quello che mi è stato detto da chi è venuto dall’altra parte. Vede, il dramma del problema escatologico è che esso è inevitabile; tutti lo sentono, ma nessuno viene da là a qui. Nessuno, tranne uno, che è Gesù Cristo. Io so quello che mi ha detto lui. Mi stupisce molto quando trovo della gente che su queste cose parla a titolo personale, secondo le proprie idee. Io credo che il principio di Wittgenstein – “di ciò di cui non si può parlare si deve tacere” – valga soprattutto per questo tipo di problemi. Io so quello che mi ha detto Gesù Cristo: Gesù mi ha detto che al di là c’è subito lui, cioè lui è l’approdo dell’esistenza umana.

 

Ci torniamo dopo su questo, perché mi interessa ora farle una domanda. Il giudizio di Dio, il giudizio del Cristo – perché il giudice è Cristo – di che tipo può essere? Quanti sono i giudizi che può dare?

No, no, non si devono moltiplicare i giudizi. Gesù separa i buoni dai cattivi, ma la sostanza è che noi veniamo valutati dalla nostra conformità o difformità da Cristo. Il giudizio personale è conoscere la mia conformità; la dimensione universale del giudizio è conoscere quella degli altri. Ma non è che questi momenti siano realmente delle cose diverse.

 

A chi tocca e in che cosa consiste il Paradiso? Che cos’è?

Il Paradiso è Cristo, cioè è l’inserimento pieno, totale, definitivo in Cristo. Un inserimento c’è già con la vita cristiana, col battesimo con la vita di grazia… eccetera. Però con due differenze: di non essere percepibile con l’esperienza e di poter essere perduto. Da una parte, ci si può staccare da Cristo in questa vita…; dall’altra parte, si sperimenta questo inserimento in Cristo, ed è definitivo: è inserirsi nella vita trinitaria, quindi con la conoscenza che è propria di Dio, con l’amore che è proprio di Dio, con la felicità che è propria di Dio.

 

Questo Paradiso è davvero in cielo, come si dice?

No, non lo si può localizzare. Localizzare il Paradiso è come localizzare Dio. Si può dire che Dio sia in Argentina o in Danimarca? No. Il Paradiso è una dimensione dell’essere. Noi partecipiamo a questa dimensione dell’essere divino.

 

Dunque il Paradiso è questa visione di Dio, è questo stare direttamente con lui.

E l’Inferno cos’è? A chi tocca l’Inferno? In che cosa consiste?

L’Inferno è lo scacco di chi, pur essendo stato creato per essere assimilato a Cristo, ha deciso di non lasciarsi assimilare.

L’Inferno è un pensiero insopportabile, che noi riusciamo ad accettare soltanto perché è la condizione per prendere sul serio la libertà dell’uomo. La libertà dell’uomo non è la prerogativa di poter decidere il colore della camicetta o il luogo della villeggiatura. Nella sostanza, la libertà dell’uomo è la facoltà di costruirsi il proprio destino; e questo fatalmente dà all’uomo una duplice possibilità, per cui l’esistenza umana non ha un lieto fine immancabile, come i vecchi film americani. L’esistenza umana ha due possibili soluzioni, due possibili esiti. Noi ci auguriamo che questa sia – direi – semplicemente la situazione di diritto, ma che di fatto tutti scelgano per il bene. Però non possiamo affermarlo. Ci sono le due possibilità perché altrimenti l’uomo non sarebbe più preso sul serio. Non deciderebbe più liberamente.

  

E invece la vera condanna in che cosa consiste?

La vera condanna consiste, per l’uomo, nell’avere quello che ha voluto avere; cioè l’uomo che ha voluto rifiutare Dio, beh… si trova ad essere estromesso dalla felicità di Dio. Questa è la vera punizione, perché tutto in noi anela a Dio. Noi siamo creati per Dio.

 

Lei dice che la pena dell’Inferno è la privazione della visione di Cristo. Ma cosa vuole che gliene importi a un ateo, il quale per tutta la vita Cristo non lo ha mai voluto vedere, di avere questo tipo di pena? Mah, un ateo… non è vero che non ha mai creduto in Dio… Crede di non avere creduto in Dio, ma in realtà tutte le fibre del suo essere anelano a un rapporto con qualcuno che dia senso al suo esistere. Se si dichiara ateo, però ritiene che ci sia una verità assoluta, una giustizia assoluta che ha dominato la sua vita, e se per questa verità, per questa giustizia ha sofferto, si è impegnato, beh… questo è un ateo apparente: crede di essere ateo, in realtà crede in Dio. Poi c’è l’ateo esistenziale: chi, in realtà, fa senza Dio, vuol fare senza Dio. E alla fine Dio lo lascia nella sua condizione.

  

La condanna all’Inferno non è in contrasto con l’infinità bontà che viene attribuita a Dio e al Cristo?

Se non ci fosse l’Inferno, l’uomo non deciderebbe seriamente del suo destino. Che Dio possa creare delle persone libere al suo cospetto, questa è la croce che la filosofia non riesce a portare, ma alla quale è stata confitta. Cioè, noi abbiamo bisogno, per salvare la libertà dell’uomo, che ci siano due esiti, altrimenti la libertà viene vanificata. Tutto questo come si comporrà? Con questo, con quest’altro? Io sono molto curioso di saperlo: dall’altra parte.

Nel complesso lei ha un’idea serena della morte?

Intanto credo di poter dire, come Leon Bloy, che ho una grande curiosità, perché siccome sono più le cose che non si sanno, desidero andare a vedere direttamente la realtà. Se poi veramente la morte è l’incontro con Cristo, come io credo, … finalmente! Io ho puntato la vita su di lui e non so neanche di che colore abbia gli occhi! Insomma, è una soddisfazione poterlo incontrare.

 

Sono più gli eletti o i dannati? E in che percentuale a suo parere?

Ma come faccio io a sapere la situazione anagrafica dell’aldilà? La situazione anagrafica dell’aldilà si potrebbe conoscere con due strade: o perché uno ci va e torna indietro, e non è il mio caso; o perché qualcuno dell’aldilà mi ha detto com’è la situazione, e non me l’ha detto.

 

Lei pensa che il giudizio sia più benevolo o più severo?

Cosa ne sappiamo? Sarà più vero, più vero… Nel capitolo 25 di san Matteo, quando Gesú fa la descrizione analitica del giorno del giudizio, lo stato d’animo che mette in luce in tutti, buoni e cattivi, è la meraviglia. I buoni non si erano mica accorti di essere buoni: “Avevo fame e mi avete dato da mangiare”; “Ma quando ti abbiamo dato da mangiare” ? I cattivi non si erano mica accorti di essere cattivi: “Non mi avete…”; “Ma quando abbiamo rifiutato di darti da mangiare”? Io credo che sia importante tener presente questo aspetto, per cui effettivamente ci sarà una discrepanza tra quello che noi possiamo vedere, così, con un occhio umano, sulla terra, e quello che sarà il giudizio di Dio.

 

Lei immagina che Gesù sia un giudice benevolo o un giudice severo?

Mah, io so ciò che appare da tutta la Rivelazione: che Dio ha più voglia di salvarmi di quanto non abbia voglia io di essere salvato; e questo vale per tutti gli uomini. Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi, come è detto nel Nuovo Testamento. Questa affermazione mi mette in una posizione molto tranquilla. Sono sicuro che per questa volontà salvifica universale si salveranno tutti, tranne quelli che esplicitamente si chiuderanno alla volontà salvifica di Dio.

  

Il ricongiungimento nell’eternità con i nostri cari va inteso in senso letterale? Potremmo farci delle coccole, carezzarci, oppure.?

Io credo di sì, perché non è che là saremo tutti come le acciughe nel barile… Io credo che effettivamente i rapporti umani ci saranno; e del resto la grandezza di Maria, che certamente ha una posizione di privilegio nell’aldilà, è fondata su un rapporto umano, sul rapporto di maternità con Gesù Cristo. Quindi io credo che tutto questo ci sarà. Anche l’amicizia ci sarà. Tutto ciò che è autenticamente umano, sia pure trasfigurato, avrà un’eco nel Regno di Dio.

  

Lei esclude la reincarnazione delle nostre anime in corpi diversi?

A me sembra una grande sciocchezza, le dico subito il perché: le anime trasmigrano, ma io non ho nozione di essere stato qualcuno prima, non ne ho la memoria. Si dice: “Fa niente, hai perso la memoria, ma la tua anima ha trasmigrato”. Beh, ma se io non ne ho la coscienza, la memoria, non mi interessa niente cosa fa la mia anima. Cioè l’uomo è essenzialmente consapevolezza: se non c’è la consapevolezza, è inutile ipotizzare questa trasmigrazione.

 

Cosa posso dire su questo argomento? Cosa mi colpisce? Cosa è difficile affrontare con i figli?